Risparmiare acqua
E’ proprio vero che per risparmiare acqua basta chiudere il rubinetto mentre ci spazzoliamo i denti?
Ogni volta che i media affrontano lo scottante tema ambientale della scarsità d’acqua, spesso ci propinano la perentoria ed ecologica raccomandazione di chiudere il rubinetto mentre ci spazzoliamo i denti o di non innaffiare con troppa frequenza l’orticello di casa (per i fortunati che lo posseggono).
Raccomandazioni lodevoli, non c’è che dire. Purtroppo, tali suggerimenti sono incompleti e, a dirla tutta, ancorché validi, anche un po’ banali.
Tutti noi siamo in grado di capire che, chiudendo un rubinetto, blocchiamo l’erogazione d’acqua: basta farci caso e non essere stregati dalla propria immagine riflessa nello specchio del bagno! Forse non ci rendiamo conto di quanto sia davvero preziosa l’acqua e quanto sia elevato il suo spreco perché l’informazione al riguardo non circola a dovere. Senza una corretta informazione non è sempre facile comprendere quanto sia stringente il vincolo dell’utilizzo dell’oro blu.
Citando il “Water Program 2008” della Banca Mondiale che recita "possiamo contenerla, possiamo incanalarla, raccoglierla, purificarla, impacchettarla, trasportarla e trasformarla, l'unica cosa che non possiamo fare è produrla, il che rende la sua gestione un imperativo" in qualche modo riusciamo a crearci un’idea sulla serietà della faccenda.
Ma definiamo meglio i confini del problema. Se è vero che il consumo d’acqua dipende da moltissimi fattori, dalla dinamica demografica al tasso di urbanizzazione, dalla produzione industriale alla produzione dei rifiuti, in questa sede preferiamo concentrarci su quello che molti non pensano incida con un rilevantissimo peso sul consumo d’acqua: la produzione di cibo.
In altri termini, le nostre scelte in fatto di alimentazione giocano un ruolo determinante nel consumo d’acqua. E i principali imputati di questo planetare processo sono carne e alimenti di derivazione animale. Facciamo un esempio: un individuo utilizza in media dai 2 ai 5 litri d’acqua al giorno per bere, mentre il consumo virtuale giornaliero per alimentarsi varia da circa 1500-2600 litri nel caso di un’alimentazione vegetariana a circa 4000-5400 litri nel caso di un’alimentazione ricca di carne. Non abbiamo a disposizione i dati relativi ad un’alimentazione interamente vegetale, cioè vegana, ma certamente i consumi d’acqua relativi ad un simile stile alimentare sarebbero, a senso, inferiori anche all’alimentazione vegetariana che include uova, latte e derivati.
Qual è il meccanismo sottostante a questo genere di consumo, o, per meglio dire, spreco? Perché tutti questi litri d’acqua? La carne bovina è quella che più fagocita acqua. Acqua per crescere i vegetali, cereali, soia e foraggio, che andranno ad ingrassare il bestiame e acqua per abbeveraggio e per la pulizia degli stabilimenti di allevamento, abbattimento e lavorazione. Ma non solo: tutti i prodotti animali, carne e derivati, come latte, formaggio e uova, hanno un contenuto di acqua virtuale altissimo.
L’acqua virtuale non è altro che il volume di acqua dolce consumata per produrre un determinato prodotto. Il termine “virtuale” si riferisce al fatto che la quantità d’acqua di cui si parla non è fisicamente contenuta nel prodotto ma corrisponde solamente all’acqua consumata per produrlo. Per dare un’idea più concreta il settimanale Newsweek ha calcolato che per produrre soli cinque chili di carne bovina serve tanta acqua quanta ne consuma una famiglia media in un anno, tra docce, bucato, e altri usi domestici. E’ indubbiamente un dato che si commenta da sé.
Certamente un auspicabilissimo cambiamento del nostro comportamento non sarà sufficiente nello stabilire giustizia sulle risorse idriche a livello mondiale, ma sarà sicuramente necessario a questo scopo. Non potremo agire direttamente sugli sprechi a monte ma assumendo comportamenti responsabili a valle, in quando rappresentanti della domanda, questi avranno un chiaro riscontro a monte, sull’offerta.
In un mondo in cui solo lo 0,001% delle acque planetarie è potabile, in cui moltissimi paesi hanno un accesso all’acqua problematico (si passa dai 4 m³/anno pro capite del Mali ai 215 m³/anno pro capite degli Stati Uniti), noi Occidentali non possiamo permetterci questo “lusso”.
Sarà quindi cosa buona e giusta chiudere il rubinetto mentre ci spazzoliamo i denti, ma sarà ancor più buono e giusto diminuire, o ancor meglio azzerare, i propri consumi di carne e derivati animali passando a un’alimentazione prevalentemente o puramente vegetale. In fondo, lasciare aperto il rubinetto mentre ci si lava i denti causa il consumo di circa 40 litri d’acqua; una bistecca di manzo provoca il consumo di più di 2000 litri d’acqua. Una differenza davvero notevole.
E che dire della perdita delle tanto decantate e nobili proteine della carne? Al di là del fatto che le proteine della carne non hanno nulla di nobile perché si uniscono spesso e volentieri ad ormoni e antibiotici, a colesterolo e grassi saturi, per un chilo di proteine animali occorre un volume d’acqua 15 volte maggiore di quello necessario alla produzione della stessa quantità di proteine vegetali. Le proteine ci rimangono ma la quantità d’acqua sprecata è notevolmente inferiore.
Un cambiamento delle nostre abitudini alimentari di certo non farà allocare in modo differente le risorse idriche, da paesi ricchi d’acqua a paesi su cui pende la minaccia della desertificazione, perché questo costituisce il futuro ed arduo compito dei governi e delle organizzazioni internazionali. Ma sicuramente, questo stile alimentare – qualora adottato da molti – farà diminuire la domanda di prodotti che fanno evaporare e inquinano chilometri e chilometri cubi d’acqua e farà conseguentemente diminuire quei consumi legati alla produzione di carne e derivati.
Infine, cosa non da poco, favorirà una cultura più rispettosa del vitale ed indispensabile liquido, ora bistrattato più che mai. Una cultura, come dire, meno “idrovora” e più “idrofila”. I governi non potranno rimanere a guardare ancora per molto.
Francesca Fugazzi